La Repubblica – (massimo minella) – 16/04/2015 pg. 6 ed. Genova
CHIAMATELA “opportunità”, precisa subito Roberto Cingolani, direttore scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia. Il finanziamento che garantisce il trasferimento di una divisione dell’Iit agli Erzelli è nero su bianco. E a metterci la firma, mercoledì, è stato il presidente del Consiglio Matteo Renzi. A questo punto bisogna creare le condizioni per garantire rapidamente l’avvio delle attività che l’Istituto intende realizzare sulla collina hi tech, cioè quelle legate alle “human technologies”, le tecnologie per l’uomo. Tecnologie che bene si potrebbero sposare dentro al Parco con le attività delle nuove aziende che potranno insediarsi, ma anche con l’Università e con l’ospedale, se si procederà in questa direzione. Cingolani, scienzato sempre più spesso costretto a vestire i panni del manager, manifesta apprezzamento per l’ipotesi, ma invita a muoversi con calma. Dottor Cingolani, come si può definire in una parola l’accordo di ieri che garantisce il finanziamento per l’Iit agli Erzelli? «Opportunità. Una grande opportunità, non solo per noi, ovviamente, ma per tutta quanta la città».
Perché? «Lascio da parte le questioni locali su cui da tempo ci si confronta, per una riflessione di fondo: avere a disposizione grandi spazi, in una città come Genova, non è facile. Noi abbiamo già avuto Morego, che abbiamo saturato, e ora abbiamo la disponibilità di un’infrastruttura come quella degli Erzelli altrettanto importante, un polmome strategico per la città».
Quindi conviene coglierla al volo, questa infrastruttura.
«Certo, e per un motivo molto semplice. Noi oggi siamo 1.440 persone, stiamo letteralmente esplodendo qui a Morego e quindi questa opportunità per noi è importantissima. Ci risolve un problema in una fase in cui vogliamo continuare a crescere e estendere le nostre attività». Quale attività porterete sul Parco? «Quella della riabilitazione bivalente, per le persone anziane e malate. Sono le tecnologie umane, le “human technologies” vicino alle quali si possono sviluppare anche attività per la diagnostica legata alla sicurezza e al cibo, sfruttando al meglio anche ciò che ci mettono a disposizione le nanotecnologie». Si potrebbero creare delle sinergie interessanti agli Erzelli se si decidesse di realizzare qui il nuovo ospedale, non trova? «Sì, certamente. Con l’ospedale, ma ovviamente anche con l’università, speriamo un giorno di poterci confrontare tutti insieme su questi aspetti.
Questa è un’attività da sviluppare in modo interdisciplinare e quindi è fondamentale avere un’azione sinergica fra noi, altri istituti di ricerca, l’università, le aziende ospedaliere».
Si parla di trecento addetti che potranno lavorare qui, ma è un numero reale? «Sì, a regime contiamo di occupare qui trecento persone.
Stiamo proprio adesso completando i bandi per nuove figure che saranno destinate a questa attività che, oggettivamente, negli spazi di Morego non troverebbe più spazio. Ma l’opportunià degli Erzelli per noi è fondamentale anche per un altro motivo». Di che cosa si tratta? «Un piano dei quattro che andremo a occupare nel grattacielo del Parco degli Erzeli sarà destinato a ospitare le start up dei giovani ricercatori dell’Istituto.
Ora finalmente sappiamo dove metterli! La legge, approvata nelle scorse settimane, che ci dà la possibilità di entrare in partecipazione di minoranza nelle start up, favorirà queste iniziative. Così potremo avere, un piano sopra l’altro, i laboratori e le aziende. E questo non potrà non essere attrattivo anche per gli altri soggetti di ricerca».
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